Il Museo delle ombre è stato realizzato da Vincenzo Bianchi, professore all’Accademia delle Belle Arti di Firenze, su richiesta dal sindaco con l’obiettivo di valorizzare il centro storico in gran parte distrutto dalla guerra.
Si trova nella chiesa sconsacrata del Ss. Rosario. Nel progetto di Bianchi, esso si inserisce nel percorso del “museo viaggio”, che inizia a Cervara di Roma e si conclude proprio a Vallemaio, e coinvolge tredici musei in Italia e nel mondo ispirati ad altrettanti personaggi.
Questo di Vallemaio è dedicato al poeta e scrittore argentino Jorge Louis Borges, la cui opera guida la rappresentazione visiva della guerra.
Per la realizzazione del museo l’artista raccolse, anzitutto, racconti e ricordi dei cittadini del paese: lo stesso nome deriva da uno di questi (“era notte, ma sembrava giorno e le ombre si vedevano sulla montagna e mettevano paura”), e la tragica esperienza del postino, colpito da un proiettile e seppellito ancora vivo, mentre i piedi di soldati facevano pressione sul suo corpo.
Nella progettazione del museo, le testimonianze locali si sono intrecciate con gli scritti di Jorge Luis Borges e con i ricordi personali di Vincenzo Bianchi che, ancora bambino, vide nei pressi di Montecassino, poco dopo la fine dei combattimenti, due soldati che con un telo bianco raccoglievano i resti dei caduti.
Nel Museo delle ombre i dipinti e le sculture di Bianchi non hanno un titolo, per permettere una piena libertà di interpretazione da parte del visitatore, inevitabilmente condizionato dalla propria cultura e dalla propria capacità di riflessione. Per l’artista il progetto del museo è esso stesso un percorso in continuo mutamento, che si arricchisce grazie al contatto tra il pensiero espresso nell’opera e le riflessioni dei visitatori. All’ingresso della ex chiesa, dove la pietra è l’elemento dominante, si trova la targa che Vincenzo Bianchi ha dedicato a Borges.
All’interno, attraverso un intreccio di luci ed ombre, si manifesta la contrapposizione tra vita e morte. Prima di scendere nella cripta, sotto la volta dell’antica sagrestia, si può ammirare uno dei rari esempi mondiali di “cimitero pensile” cattolico. Scendendo gli alti gradoni che conducono alla cripta, sotto la nicchia dove erano poste le salme, si giunge all’area espositiva dove quadri e sculture e la stessa suggestione degli ambienti trasmettono l’eco di eventi di morte e dolore. Risaliti nel giardino della chiesa, dove lo sguardo può spaziare sul panorama dei monti Aurunci, i visitatori incontrano altre opere dell’artista: il viaggio torna dall’ombra alla luce, simbolo della sacralità della vita.
Fuori del paese, grazie al recupero di alcuni blocchi di pietra nelle cave di marmo abbandonate, alcuni monoliti scolpiti dagli allievi di Vincenzo Bianchi hanno realizzato un percorso rupestre che sale lungo le pendici di Colle Agrifoglio fino al suo punto più alto, in Località Vadorsa, nell’Altopiano di Vallaurea, dove il 13 maggio 1944 si verificò lo sfondamento della Linea Gustav da parte delle truppe del generale Juin, dove è stata posta la Stele della Pace. Alta quasi 3 metri, è stata realizzata in pietra di marmo bianco tibetana. Dalla roccia fuoriescono volti umani sofferenti che, con movimento a spirale, svettano verso il cielo: lo spirito delle vittime, simbolicamente, si eleva verso il perdono, partecipando alla costruzione di un tempio della pace.
Inoltre, in paese sono state realizzate anche sette porte in cemento (le “porte della conoscenza”), che rappresentano le tappe di un viaggio spirituale nella storia.
In località Pastinovecchio vi è il monumento inaugurato il 9 maggio 1998 e dedicato al medico condotto del paese, Domenico Fargnoli e ad alcuni contadini ed alle loro famiglie (12 persone) trucidati il 9 maggio 1944.