Storia della Ciociaria

Home > Informazioni sulla Ciociaria > Storia della Ciociaria

A causa delle "ciocie", le tipiche calzature utilizzate anticamente dai pastori della zona, l'area intorno a Frosinone è nota come Ciociaria. Alcuni insediamenti sporadici di individui che preferivano cacciare nelle zone pianeggianti delle valli del Sacco e del Liri possono essere dedotti dai pochi manufatti litici in selce e ciottoli calcarei con un unico spigolo tagliente rinvenuti a Castro dei Volsci e Ceprano.

La Ciociaria non ha mai ricevuto una descrizione geoantropica che risolvesse le questioni dei suoi confini e delle sue peculiarità etniche, come invece accade per molte denominazioni storiche regionali. In tutta la ricerca storiografica e demologica che ha messo in luce gli aspetti sociali degli abitanti del Lazio, detti ciociari, all’inizio dell’Ottocento, la regione in esame è sempre stata indicata amministrativamente come Lazio, Campagna e Marittima o Campagna di Roma.

Adele Bianchi, che in una pubblicazione dell’Istituto geografico De Agostini del 1916 identificò chiaramente una regione o una subregione, fu la prima a condurre uno studio sistematico sull’argomento. Dopo qualche anno, la ricerca fu ripresa dagli intellettuali fascisti di Frosinone, che procedettero a costruire un’antropologia basata sulla “razza ciociara”, portando nuove perplessità sull’argomento.

Gli studi di Bianchi furono ripresi e rielaborati nel 1930 nell'”Enciclopedia Italiana”, ma la Ciociaria era considerata parte del distretto di Sora e della valle del Gari, e la sua regione geografica era esplicitamente descritta come “priva di carattere proprio”. Le amministrazioni locali promuovevano l’identità regionale di Fusinate con l’espressione “ciociaro” e diversi scrittori si sono interrogati sull’esistenza di una “zona storica” della Ciociaria e su quali fossero le sue caratteristiche e i suoi limiti nel secondo dopoguerra, quando il quadro amministrativo della dittatura era rimasto intatto nel Lazio, proponendo risposte radicalmente diverse.

La Ciociaria è stata identificata con la regione compresa tra il fiume Liri e i Castelli Romani, o addirittura con l’intera provincia di Frosinone o con una porzione importante del Lazio meridionale, secondo gli studi antropologici e toponomastici pubblicati a partire dai primi anni Sessanta. La “Grande Ciociaria” è, secondo alcuni esperti, l’intera area del Lazio meridionale, che comprende le province di Latina e Frosinone.

Come molti altri insediamenti medievali, sembra essere stata eretta intorno a un monastero, oggi circondato da una cinta muraria turrita che è stata in parte modificata per uso residenziale. La massiccia mole del castello feudale si erge sul punto più alto della collina. Lungo i piccoli vicoli si incontrano strutture con bifore, archi ogivali e portoni con stemmi e fregi che raccontano la storia della città. La bella chiesa di Santa Maria (1165), grande esempio di architettura gotico-cistercense costruita in pietra calcarea locale, squadrata e cesellata, si trova all’ingresso della porta, detta appunto “di Santa Maria”.

Una lunga ampolla incastonata in una corona alquanto modellata contiene il sangue di San Lorenzo, e questo tempio è il luogo di un miracolo notevole. Una striscia di pelle, facilmente distinguibile dall’esterno dell’ampolla, galleggia sul siero di sangue in questa occasione, e si scioglie da secoli tra l’8 e il 9 agosto. Il sangue si coagula nuovamente per poi ricomparire in un grumo secco e indistinto dopo l’anniversario del martirio e la festa del Santo (10 agosto).

La produzione di allevamento di bufale e di mozzarella di bufala è cresciuta fino a diventare, negli ultimi anni, l’economia principale della città.

Le origini della Ciocia

I contadini e i pastori della Ciociaria indossavano fino a poco tempo fa il tipo di calzatura “ciocia”. Il fiume Liri, che attraversa quel tratto di Lazio meridionale bagnato da esso, passa da una parte per i comuni di Frosinone, Sperlonga e Fondi, oltre che per Filettino e Arcinazzo, mentre dall’altra si estende fino a Subiaco e al confine con l’Abruzzo.

I contadini e i pastori della Ciociaria indossavano fino a poco tempo fa il tipo di calzatura “ciocia”. Il fiume Liri, che attraversa questa parte del Lazio meridionale e tocca Subiaco e il confine abruzzese da un lato e Frosinone dall’altro, è il fiume principale di questa zona del Lazio meridionale.

Tuttavia, i limiti della Ciociaria sono impossibili da determinare con precisione, così come la sua espansione nell’Italia centro-meridionale. Ciocia è il termine abruzzese per indicare questo tipo di calzature, spesso conosciute come ciocchi o ciòccole in Umbria e chiòchiere in Calabria.

La ciocia potrebbe derivare dal latino soccus o socculus, un tipo di sandalo popolare tra i Romani, e le sue origini sono estremamente antiche. Con il termine soccus si indicavano diverse varianti di sandalo, tra cui una che veniva indossata dalla maggior parte degli abitanti delle città romane (il cosiddetto calceus), un’altra che veniva indossata da contadini, pastori e legionari. Il calceus repandus, che i Romani ottennero dagli Etruschi e che era una sorta di sandalo con l’estremità appuntita e lacci lungo il polpaccio, sembra indicare che provenisse da popolazioni del Mediterraneo orientale con le quali i Romani commerciavano spesso. Tutto fa pensare che, una volta che gli Etruschi l’hanno portata in Italia dall’Oriente, si sia diffusa a tal punto tra i Romani da essere utilizzata ancora oggi dai contadini e da chi appartiene agli strati più bassi e impoveriti della società, come i contadini.

La ciocia continua a raccontare una storia antichissima, iniziata in un’epoca e in un luogo sconosciuti, ma destinata a diventare una minuscola (ma estremamente significativa) componente della nostra cultura e delle nostre tradizioni.