Le antiche costruzioni di Piscina, note come Arcazzi, appaiono imponenti ed enigmatiche sul versante settentrionale.
Molti studiosi, tra cui Marianna Candidi Dionigi (1756-1826), che li ha rilevati e fotografati, e turisti del Grand Tour come Sir Richard Colt Hoare (1758-1838) hanno suscitato il loro interesse e attirato la loro attenzione.
Una linea retta separa due semicerchi nell’opus quadratum. Una stretta pseudo-volta, originariamente realizzata con pietre progressivamente più grandi e sovrapposte e che consentiva una distribuzione verticale del peso, collega gli archi del semicerchio occidentale.
Secondo altri, lo scopo dell’edificio è da intendersi come sottostruttura che sostiene il peso del terreno retrostante ed estende la dimensione dell’edificio dove, in epoca romana, dovevano esserci le terme. L’imponenza degli Arcazzi permetteva anche una difesa più sicura di questa collina. Molti hanno interpretato questa funzione come uno scopo difensivo, che deriva dalla conoscenza ellenistica delle fortificazioni e dei modi per conquistarle. Tuttavia, le due funzioni potrebbero essere coesistite e l’intero pezzo è stato datato tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C.. L’unico ornamento apparente è un fallo, un simbolo romano usato per allontanare il male, la distruzione e l’assedio.
Altre mura furono erette all’interno della cinta muraria, lungo via Vittorio Emanuele e lungo via Dante, nella seconda metà del II secolo a.C. e all’inizio del I secolo a.C., aumentando il numero di terrazze nell’area urbana e livellando i dislivelli tra l’acropoli e i livelli inferiori. Tre archi a doppio arco circondano tre nicchie, forse con funzione decorativa, su quella più vicina a Porta Santa Maria. Quelle esterne sono state murate negli ultimi anni, mentre quelle interne sono occupate da una piccola fontana.
